venerdì 24 settembre 2021

PER UNA NUOVA GRAMMATICA…DELLA FANTASIA!

Ho da poco terminato la lettura del famoso libro di Gianni Rodari “La grammatica della fantasia-Introduzione all’arte di inventare storie”  (Einaudi Editore) e vorrei condividere alcune riflessioni..

 Quando si parla di grammatica oggi, come ai tempi di Rodari, il pensiero va subito all’analisi grammaticale, all’ortografia, alla sintassi ecc. Oppure a tutte quelle “regole” che in generale dovrebbero servire per imparare una lingua. 

Dal nostro ultimo contatto con la scuola in sede di esame d’idoneità, abbiamo toccato con mano quanto alcune/i insegnanti diano, a mio avviso, un’importanza eccessiva alle regole grammaticali, seppur necessarie. I bambini che imparano a leggere e a scrivere, interiorizzano automaticamente alcune regole e quindi, astrarle dal contesto e impararle “a memoria”, avrebbe poco senso nelle prime fasi di apprendimento linguistico. Oltre a far perdere loro il PIACERE per la lettura e la scrittura..


Ecco perché, dal mio punto di vista, andrebbe riscoperto, a scuola come a casa, il prezioso bagaglio culturale che Gianni Rodari ci ha lasciato scrivendo il suo libro.  

Si tratta di una raccolta degli incontri da lui tenuti con insegnanti del primo ciclo scolastico (dall’infanzia alle medie inferiori). In questi incontri, avvenuti intorno agli anni ’70, egli parla dell’arte della FANTASTICA e suggerisce diverse “tecniche” e stratagemmi per inventare storie sempre nuove INSIEME a bambini e ragazzi.

 Dal libro emerge, inoltre, il pensiero “pedagogico” del grande maestro, sempre dalla parte dei più piccoli..

 


Riporto alcuni brani che, a mio avviso, risultano più significativi e attuali, ieri come oggi..

Buona lettura!

 

“Con le storie e i procedimenti fantastici per produrle noi aiutiamo i bambini a entrare nella realtà dalla finestra, anziché dalla porta. E’ più divertente: dunque è più utile.”(pag.29)

 

“..la fantasia gioca tra reale e immaginario, in un’altalena che ritengo molto istruttiva, anzi, addirittura indispensabile per impadronirsi fino in fondo del reale.” (pag.91)

 

“..non vedo l’utilità di porre limiti alla libertà del gioco, che sarebbe come negarne la funzione formativa e conoscitiva.”(pag.103)

 

“..bisogna che il bambino faccia provvista di ottimismo e di fiducia, per sfidare la vita. E poi non trascuriamo il valore educativo dell’utopia. Se non sperassimo, a dispetto di tutto, in un mondo migliore, chi ce lo farebbe fare di andare dal dentista?” (pag.117)

 

“Nel giudicare i testi infantili, purtroppo la scuola rivolge la sua attenzione prevalentemente al livello orto-grafico-grammaticale-sintattico, che non tocca nemmeno il livello più propriamente <<linguistico>>, oltre a trascurare il complesso mondo dei contenuti. Il fatto è che a scuola si leggono i testi per giudicarli e classificarli, non per capirli. Il setaccio della <<correttezza>> trattiene e valorizza i ciottoli, lasciando passare l’oro..” (pag.129)

 

“L’incontro decisivo tra i ragazzi e i libri avviene sui banchi di scuola. Se avviene in una situazione creativa, dove conta la vita e non l’esercizio, ne potrà sorgere quel gusto per la lettura col quale non si nasce, perché non è un istinto. Se avviene in una situazione burocratica, se il libro sarà mortificato a strumento di esercitazioni (copiature, riassunti, analisi grammaticale ecc.), soffocato dal meccanismo tradizionale: <<interrogazione-giudizio>>, ne potrà nascere la tecnica della lettura, ma non il gusto. I ragazzi sapranno leggere, ma leggeranno solo se obbligati..” (pag. 152)

 

“La mente è una sola. La sua creatività va coltivata in tutte le direzioni. Le fiabe (ascoltate o inventate) non sono <<tutto>> quel che serve al bambino. Il libero uso di tutte le possibilità della lingua non rappresenta che una delle direzioni in cui egli può espandersi..L’immaginazione del bambino, stimolata a inventare parole, applicherà i suoi strumenti su tutti i tratti dell’esperienza che sfideranno il suo intervento creativo. Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe. Servono alla poesia, alla musica, all’utopia, all’impegno politico: insomma all’uomo intero, e non solo al fantasticatore..Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà - fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà – vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla. Per cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano usare la loro immaginazione.” (pag. 170-171)

 

“Io spero che il libretto possa essere ugualmente utile a chi crede nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione; a chi ha fiducia nella creatività infantile; a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola. << Tutti gli usi della parola a tutti>>

 Mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo.” (pag.6)

 


 

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